Povero Verdi (nel senso di Giuseppe): l’inizio del suo bicentenario è annegato nella solita ondata di celebrazioni, simposii, convegni, mostre in onore del Giorno della Memoria. C’è tempo fino a ottobre, ma quel 27 gennaio proprio nessuno l’ha notato. Verdi… Verdi per me – come per molti non melomani – è il “Va’ Pensiero” , con tutti i suoi alti e bassi, i sussurri e le grida: il primo pezzo di musica che ricordo di avere studiato.

Verdi

Soprano troppo acuto e poco impostato, avrò avuto forse 10 anni. Coro della scuola ebraica di Torino, naturalmente. E naturalmente io in piedi in ultima fila con i bambini grandi, per via dell’altezza. Lato destro guardando il Maestro. Maestro che non sapevo allora fosse una parola da pronunciare con la maiuscola, sempre. Giurerei che teneva perfino la bacchetta in mano.

Forse gli insegnanti ci hanno anche provato, a dare una dimensione storica (pseudo-risorgimentale) all’aria. Fatto sta che per noi il coro era cantato dagli ebrei in esilio, per davvero. Cioè, in qualche misura: noialtri. E chiamalo esilio, il paese in cui sei nato e in cui sono nati i tuoi genitori e i nonni, e tutto l’albero genealogico a ritroso fino al 1600.

Il corto circuito nella testa di noi bambini era dovuto a Pesach: l’uscita d’Egitto, Mosè, le piaghe e il faraone che non si piegava. La fuga dall’Egitto e il ritorno da Babilonia, non sono in fondo la stessa fuga? E allora com’è che ben dopo che gli ebrei sono ritornati in Israele io invece sono nata a Torino, e gli amichetti al mare mi chiedono perchè, se sono ebrea, non sono nata a Gerusalemme?

Dura la vita dell’esule. Bisognava sempre stare a spiegare qualcosa a qualcuno intorno a noi.

Va’ pensiero, sull’ali dorate;

Va pensiero

Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tepide e molli
L’aure dolci del suolo natal!

Del Giordano le rive saluta,

Di Sïonne le torri atterrate…
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!

Arpa d’or dei fatidici vati,

Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
Ci favella del tempo che fu!

O simile di Solima ai fati

Traggi un suono di crudo lamento,
O t’ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù!
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