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Rehov Ben Yehuda è il centro del kasher, e non per motivi di intrinseca santita’. Piuttosto per la vicinanza al mare, e quindi alla spiaggia, e quindi alle moltitudini di francesi (e italiani) che si arrostiscono al sole telavivese con immensa goduria, specie se fuori stagione.

I francesi in particolare, tendono ad essere piuttosto osservanti (almeno per gli standard telavivesi), o comunque a mangiare kasher. Quindi fanno Shekel a palate i ristoranti kasher che servono cibi mediorientali, o pollo arrosto al chilo o schnitzel – e non per par condicio fra Sfarad e Ashkenaz, ma per praticità: tutto quello che si può comperare caldo o freddo e portare al residence (dicono i maligni, anche in hotel, nascosto bene negli zaini) e mangiare poi di shabbat quando non si va a mangiar fuori, lo si compera.

Per mangiare kasher, si è disposti a ogni sacrificio economico, basta vedere i prezzi dei negozi kasher fuori Israele, quindi ogni buon ebreo che viene in Israele dove il kasher costa come il resto (molto, ma senza disparità), sciala.

Intorno a Pesach, l’apice. Profluvio di francesi ed italiani che come mettono piede al Ben Gurion Airport cominciano a cercare ristoranti e supermercati kasher per Pesach, e poi, messa a posto la pancia e svuotato il portafoglio, passano alla Fase Due: spiaggia dal risveglio al tramonto.

Non si può dire che sia un turismo culturale, no davvero. Però capiamoli, vengono da terre fredde ed inospitali e forse sono culturalmente iperstimolati nei paesi d’origine. E’ naturale che arrivando finalmente in una terra meravigliosa che provvede sole, spiaggia e cibo kasher perfino a Pesach, non vogliano rischiare di andare in overload di sionismo azzardandosi a varcare la porta a vetri di un museo o di una galleria, o addirittura sedersi al buio in una sala da concerti o a teatro.

Israele è il mare per farci il bagno, una striscia di sabbia per abbronzarsi, e Rehov Ben Yehuda per mangiare. Il Giardino dell’Eden versione franco-italiana, insomma.

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Pubblicato in Pagine Ebraiche24  del 7 aprile 2014 – http://moked.it/unione_informa/140407/140407.html

Quando ancora non immaginavo che sarei diventata un’israeliana, mi divertiva molto vedere gli amici che ritornavano da periodi medio-lunghi in Israele ingrassati di diversi chili. All’epoca pensavo che fosse perchè, come ho già avuto modo di raccontare le porzioni qui sono enormi.

Vivendo qui da anni, ho invece imparato che molti visitatori vengono proprio presi dall’inarrestabile smania di mangiare, appena toccano il suolo israeliano; soprattutto quelli che mangiano kasher, che come sbarcano si buttano su qualsiasi forma di carne a pranzo e a cena, e se proponi un pasto a base di pesce o (orrore!) latticini fanno i vaghi, finchè non ti convincono ad accompagnarli a mangiar bistecche o spiedini. Bisogna capirli: la carne kasher all’estero è limitata e non esaltante.

Però siccome siamo ebrei, e per ogni due ebrei tre opinioni, ti pareva che non mi emergeva anche qui l’atavica frattura Sfarad/Ashkenaz? Gli amici sefarditi o mizrachi (provenienti dai paesi arabi e dalla Persia) preferiscono spiedini e carne molto aromatica e piccante; amano i sapori forti in generale, e hanno proverbialmente stomaci forti per digerirli. L’ashkenazita tipico lo si trova invece davanti ad una bistecca alta due dita a qualunque ora sia sceso dall’aereo. Ma non gli mettere in tavola pepe o peperoncino: la sola vista dei merguez, le salciccie rosse nord africane, gli provoca il bruciore di stomaco.

Esiste un solo luogo di incontro dei due mondi ebraici: l’americanissimo hamburger. Che chiamarlo carne è un complimento, così macinato e annegato nel ketchup. Però contenti loro. Io comunque come ebrea italiana sono non-demoninational (e incompresa, gastronomicamente parlando), anche se per semplicità dico che sono sefardita – ma, aggiungo, proprio dalla cacciata di Spagna. Gli askenaziti di solito allora chiedono preoccupati “e che cosa mangiate?” Oh, centinaia di piatti diversi. A differenza di altri, vorrei dire.. Insomma: come quando ero piccola e a Torino mi si chiedeva Juve o Toro? E io rispondevo: Padova, la squadra del nonno!

Come allora, tertium datur, ma bisogna difenderlo.

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Pubblicato su Pagine Ebraiche 24 – http://moked.it/blog/2013/07/15/oltremare-sei-quel-che-mangi/

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